Villa D’Este.....A questo nome la mente non può che ripercorrere una lunga strada, fatta di signorilità, classe, stile personalissimo, vicende storiche, amori e scandali.Ma tornando allo splendido albergo, esso non fu sempre tale, infatti, originariamente, fu una residenza lussuosa e spettacolare voluta dal Cardinale Tolomeo Gallio, nato proprio a Cernobbio, diplomatico e segretario di stato presso il Papa. Il munifico personaggio affidò la costruzione della villa, a quanto dice la tradizione, al grande architetto Pellegrino Tebaldi di Valsolda.
L’ultima, la più radicale, risale al 1873 quando il fabbricato venne adibito ad uso alberghiero. Originariamente la villa aveva l’ingresso a lago, poiché, fino a tutto il ‘700, la barca rappresentò il mezzo più comodo per spostarsi lungo le sponde del lago e, man mano ci si allontanava dalla città, l’unico possibile per la quasi assoluta mancanza di strade agevolmente percorribili.
Nel corso del XVIII° secolo, l’intero edificio venne sopraelevato e lateralmente ampliato fino ad assumere una nuova struttura d’insieme, con un corpo centrale a tre piani fiancheggiato da due ali simmetriche più basse.
Così si presentava ancora alla metà dell’800 quando si decise di trasformare l’intero complesso in albergo.
A quel punto vennero innalzate anche le due ali laterali, unificando il tutto in un unico corpo di fabbrica compatto e piuttosto massiccio, nella forma attuale.
Anche l’interno venne a più riprese rimaneggiato; oggi vi si conservano parecchi elementi decorativi ed architettonici, nonché oggetti d’arredo quali tele, sculture e gruppi marmorei, come le statue di Adamo ed Eva del Della Porta (XVI° secolo) e ”Amore e Venere”, forse della bottega del Canova.
Completamente integra è stata mantenuta la “Sala di Napoleone” così detta dall’iniziale dell’imperatore intessuta nella tappezzeria di seta con la quale il generale Domenico Pino, eroe delle campagne napoleoniche, aveva fatto rivestire l’ambiente.All’incirca alla metà del ’700, la villa venne ceduta dai Gallio, che ormai da tempo avevano lasciato decadere la proprietà, essendosi trasferiti per motivi economici nel loro feudo d’Alvito.
Il primo acquirente della prestigiosa proprietà fu il conte Marliani, colonnello dell’esercito, che però, nel giro di pochi anni la cedette al marchese Calderara di Turano, uno tra i più ricchi nobili milanesi. Durante la sua proprietà la villa venne notevolmente impreziosita negli interni e, parzialmente, nelle finiture esterne. Alla morte del Calderara, il complesso passò per via ereditaria a sua moglie che, in seconde nozze, la portò in dote al generale napoleonico Domenico Pino. Singolare figura di ufficiale, come solo nell’epoca napoleonica ve ne poterono essere, il Pino, di non eccelse origini, era però uomo di grandissimo coraggio personale e di indubbie doti strategiche.
Arruolato nelle file di Buonaparte come semplice granatiere, seppe conquistare, per le sue indubbie doti militari, onori e gradi. Col grado di colonnello si presentò per la prima volta alla Villa del Garrovo. È più che certo che, fra la marchesa Calderara, ancora giovane e molto attraente e il fortissimo e focoso ufficiale, nacque una tresca che non poté rimanere sopita per molto. Pettegolezzi e maldicenze non mancarono né a Como né a Milano e il povero Calderara, suo malgrado, per difendere il suo onore secondo le leggi dei gentiluomini di allora, si vide costretto ad un “chiarimento” (così si chiamavano i duelli) con il presunto amante della moglie, il Pino stesso.
Inutile dire che, pur se eseguito secondo tutte le regole della cavalleria e della “legalità tra gentiluomini”, il duello riuscì fatale al patrizio milanese che, pochi giorni dopo lo scontro spirò, non tanto per le conseguenze abbastanza gravi delle ferite riportate, ma per il dolore causatogli dal palese tradimento della moglie.
I due amanti così, lasciato passare almeno un poco di tempo, regolarizzarono la loro situazione e donna Vittoria offrì al secondo marito le ricchezze del primo.
Numerose furono le imprese militari di questo singolare personaggio, che, al di là del suo essere spendaccione, donnaiolo ed intemperante, era però sicuramente un grande soldato.
Nel parco della villa, ancora oggi, sono visibili alcune torricelle e piccole fortezze che vennero fatte costruire da donna Vittoria per celebrare l’impresa dell’espugnazione di Saragozza da parte del marito. Con il tramonto della stella napoleonica, anche per il generale Pino sembrarono addensarsi nubi nere ma … la bellezza della villa del Garrovo abbagliò la allora principessa del Galles, Carolina di Brunswik, una delle donne più chiacchierate della buona società del tempo.Dopo una breve contrattazione, donna Vittoria Pino cedette, per il tramite di don Alessandro Volta, il grande fisico comasco inventore della pila, la villa alla principessa del Galles per 7.500 Luigi d’oro, cioè circa 150.000 lire, una somma addirittura enorme. Era il 17 luglio 1815.
La principessa apportò altri cambiamenti alla dimora che divenne, se possibile, ancora più fastosa e teatro, tra l’altro, della sua focosa storia d’amore con un tal Pergami, un sergente della cavalleria pesante di Napoleone, unico, a quanto dissero le insaziabili lingue malevole dell’epoca, in grado di soddisfare l’inesauribile brama sessuale della principessa.
Fu Carolina a cambiare il nome della villa
“Il Garrovo” in “Villa d’Este”, in onore di un suo lontanissimo antenato, Guelfo d’Este, che diede origine alla sua casata.Per circa quattro anni, dal 1816 al 1820 l’estrosa dama radunò presso di sé una corte cosmopolita variopinta ed allegra, festosa quanto mai ma, animo sensibile, non dimenticò i bisogni del popolo verso il quale si dimostrò sempre generosa e sensibile. Fu infatti sua l’idea di far costruire una strada che unisse Como a Cernobbio e quest’ultima a Villa d’Este. In seguito oscure e per la verità piuttosto tristi vicende personali, richiamarono la principessa in Inghilterra dove il re le aveva intentato una grave causa penale.
Lo stabile allora, affidato solo alla poca
onestà di alcuni guardiani, languì per alcuni anni in stato di quasi completo abbandono, fino al suo acquisto effettuato dal ricco barone Ciani. Il complesso visse ancora qualche anno di splendore, sede di feste ma anche certo di cospirazione antiaustriaca
Gli eredi del Ciani però, non riuscendo più a sopportare le gravi spese di mantenimento, lo trasformarono nell’inimitabile albergo che è ora.
Carissimo ospite,spero che questo rapido volo in uno dei luoghi più belli del lario ti abbia fatto venire il desiderio di vivere queste emozioni personalmente dal vero.
Pier
Che delizia leggerti in questo contesto, tranquillo ed elegante, che magnifica ogni parola, ogni immagine.
RispondiEliminaQuesto excursus nei luoghi del tuo vivere, reso in maniera altamente suggestiva, e con foto che rendono la lettura visione, fa venir voglia di chiudere gli occhi, e percorrere quelle strade, quei sentieri nei giardini, quelle sale, in attesa di poterle visitare davvero.
Un viaggio fantastico, in ogni senso.
Buona giornata Piero, un abbraccio.
Robi
Grazie Roby il contesto è certamente più intimo e anche se sono poco visitato quello che faccio è profondamente e intimamente mio venire qui sarà come parlare al miocuore alla mia anima.
RispondiEliminaPier
Blog interessante,ma come sempre quando si cerca di fare post con indirizzi culturali sono in pochi ad esserne interessati.Bellisima la musica
RispondiEliminaJo....
Grazie Pier...un po' di storia...fascino...una bella passeggiata in questo luogo da favola...ti ho preso per mano e ho visitato il meraviglioso giardino..e mi sono chiesta se ora la notte fantasmi liberi facciano feste nei saloni del palazzo quando i clienti dormono e sognano di "spiriti" e leggìadri fantasmi...
RispondiEliminaGrazie di cuore per la bella passeggiata e...quanto devo((:urlo)) ah gia' qui le faccine non vengono.;scusa...abitudine!!..Magnifiche le fotografie...ERO!!!li'...praticamente! Buona serata Paola